La Carità nel tempo della Fragilità

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Anno pastorale 2020-21. La Chiesa di Padova si dà un “orizzonte” per riscoprire come le comunità cristiane sono capaci di far brillare ogni giorno l’amore del Signore, che si traduce in prossimità e vicinanza, in gentilezza e fiducia.

“La carità nel tempo della fragilità”. Potremmo quasi chiamarlo un “orizzonte” – non orientamenti, piani, progetti – che la Chiesa di Padova si è data per l’anno pastorale 2020-2021. Orizzonte indica qualcosa che ci sta davanti, che ci attira tutti e una meta da raggiungere insieme. In tempi eccezionali, segnati da domande, interrogativi, situazioni sociali anche drammatiche, un invito a riscoprire la bellezza e forza delle nostre comunità cristiane capaci nell’ordinarietà di far brillare l’amore del Signore, la sua carità. che si traduce in prossimità e vicinanza, in gentilezza e fiducia. Dopo i mesi di distanziamento sociale, è proprio la comunità il balsamo per le ferite dolorose che tutti stiamo attraversando.

Don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la Pastorale, racconta le genesi di queste “indicazioni” rivolte principalmente alle parrocchie, da meditare in questi mesi estivi in vista del nuovo anno pastorale.

Questi “suggerimenti” nascono dall’urgenza di questo tempo sospeso e incerto, che ha messo in evidenza le vecchie povertà, ne ha manifestato delle nuove e purtroppo, molto probabilmente ne manifesterà ulteriori. Sentivamo la necessità di domandarci, di fronte a questo tempo: “Che comunità cristiana siamo? Quale contributo possono offrire le nostre parrocchie?”. “La carità nel tempo della fragilità” nasce dalla storia. Il virus ci ha fatto scoprire la fragilità costitutiva di ogni persona e la fragilità ci può davvero affratellarci, ci rende consapevoli di essere tutti sulla stessa barca.  C’è allora adesso una grande chiamata a riscoprire la fraternità, le relazioni, i gesti di cura a di attenzione gli uni verso gli altri. Questa fragilità che ci rende fratelli pertanto non è il compito di qualcuno o la delega di pochi volontari, ma è il modo, lo stile di tuti noi battezzati.

Come si educa insomma alla carità l’intera comunità cristiana?

Da una parte è questione di sensibilità e di formazione. È un lento e graduale apprendimento comunitario che rinnova le parole, e il linguaggio, i pensieri e la spiritualità. D’altra parte lo sperimentarci con scelte e percorsi concreti ci aiuta a capire a comprendere il senso profondo dei nostri valori e contenuti spirituali. Abbiamo iniziato lo scorso anno pastorale concentrandoci sul battesimo. C’era il rischio che rimanesse un’idea, un concetto astratto ma ciò che abbiamo vissuto ce lo ha fatto apprezzare nella sua verità negli impegni quotidiani della vita, nel lavoro, in famiglia, nell’obbedienza alle leggi dello Stato.

Non è un caso se il testo biblico di riferimento per l’anno pastorale è tratto dai capitoli 27 e 28 degli Atti degli Apostoli, che racconta il difficile viaggio verso Roma di san Paolo, costretto ad approdare a Malta dove venne “trattato con gentilezza” dagli abitanti del posto. Qui la carità si è vista nei fatti…

Su una nave insieme a tante persone, è Paolo che invita ad avere speranza, a restare saldi, ad avere fiducia, anche se in mezzo alla tempesta. È un’immagine bella del compito che ci attende: infondere in tutti fiducia e speranza. Incoraggiare il desiderio di vita buona delle persone, la fiducia che l’esistenza di ciascuno è importante, conta, ha senso, merita di essere vissuta. È significativo anche come gli abitanti di Malta accolsero i molti naufraghi, ben 267. Nella nuova traduzione è scritto come li “trattarono con rara umanità”: questa versione fa brillare il tesoro che c’è in ciascuno di noi, il nostro essere uomini. In greco è filantropia, in latino benevolenza. La traduzione interconfessionale è: “ci trattarono con gentilezza”. Nell’insieme di tutti questi significati, davvero evocativi e aprenti, viene tratteggiato ciò che desideriamo dalle nostre comunità cristiane: filantropia, benevolenza, gentilezza, rara umanità.

C’è da fare i conti con le tante ferite che anche la Chiesa ha riportato in questi mesi…

Abbiamo paura che il distanziamento sociale diventi ancora più grande per tante persone, che venga a mancare il lavoro, che le disuguaglianze sociali diventino ancora più marcate, che non tutti i bambini, ragazzi e adolescenti trovino opportunità di socializzazione e formazione. Inoltre nei nostri paesi vediamo le ferite del virus: gli ammalati, gli anziani che sono rimasti isolati, il dramma dei defunti e dei loro familiari.

Questo tempo però, come ha fatto notare il vescovo Claudio, ha messo in luce tante domande e questioni che erano già presenti e cambiamenti che erano già in atto, come domandarci quali siano oggi le motivazioni per credere, quali parole di speranza possiamo ricevere e offrire, quale volto di Chiesa manifestiamo, quale Vangelo possiamo annunciare. Il tempo della pandemia ha accentuato la necessità di ripensarsi. Nella pandemia è emersa anche la bellezza e la forza del Vangelo: scienza, tecnica, medicina, economia sono importanti e addirittura decisivi per la nostra società, ma c’è necessità anche di una parola che illumini il senso della vita e il suo mistero; accompagni la sofferenza e il morire; annunci le speranze che ci tengono vivi. Questo viene dal Risorto, sempre accanto a noi, in grado di trasformare e trasfigurare ogni situazione. Volevo anche ricordare i tanti modi in cui le comunità, in questi mesi di lontananza, sono state creative anche grazie ai nuovi media nel tenere collegamenti, creare occasioni di contatto e formazione, nel dare strumenti per la vita pastorale e familiare.

Arrivando al testo “La carità nel tempo della fragilità”, il primo passo che la Diocesi propone alle parrocchie è l’ascolto. Perché?

Ci sembra la prima forma di tenerezza e di gentilezza, di cui ognuno di noi ha bisogno: la prima carità! Ciò che abbiamo vissuto ha bisogno di essere ascoltato. Avvertiamo il desiderio di elaborare queste esperienze attraverso la condivisione con gli altri, con la capacità di intravvedere, anche dentro gli avvenimenti più difficili, la presenza del Signore e la luce del Vangelo. Questa è la prima carità: lasciarsi accogliere e accogliere le parole dell’altro.

Il secondo passo è letteralmente “mettere in circolo la fiducia”.

Ognuno può dare qualcosa e ricevere qualcosa. Si annullano così le distanze tra chi dona e chi riceve: ogni azione diventa un “prestito generativo” basato sulla fiducia, in modo che anche nessuno si senta escluso o povero o non capace. La gentilezza, la fiducia, parole e scelte buone sono possibili a tutti e diffondono una cultura di “bene”: la carità, la benevolenza, l’amore è di tutti!

Tra le indicazioni si propone l’attivazione in ogni parrocchia di un conto corrente per il sostegno sociale parrocchiale. Come funzionerà?

Tra le proposte c’è quella di un conto dedicato alle situazioni di fragilità presenti in parrocchia. Andrà a sostenere, con le donazioni di chi può, persone e famiglie e in difficoltà. Chi riceve potrà, restituendo ciò che avranno ricevuto, rimettere in circolo la fiducia a vantaggio di altri. È una vera chiamata evangelica: siamo tutti consapevoli delle difficoltà economiche che le parrocchie stanno vivendo, però ci sembra importante innescare questo gesto di fiducia, decentrarci e mette al centro chi è in difficoltà. Questo è l’atteggiamento che le parrocchie da sempre coltivano, si tratta di ribadirlo con ancora più coraggio.

Si parla poi di promozione della pastorale della carità, la costituzione di un fondo diocesano, la formazione per i volontari, il progetto “sostegno sociale” e i gemellaggi tra parrocchie più attrezzate e parrocchie in difficoltà…

Il ruolo delle Caritas nelle parrocchie è centrale, perché nella logica pedagogica favorisce che la carità sia una dimensione quotidiana e fondamentale dell’essere battezzati. Anche i centri d’ascolto vicariali rimangono attivi, per situazioni particolarmente difficili, per incoraggiare il lavoro in rete. La Diocesi promuoverà la formazione in ogni parrocchia e costituirà il fondo diocesano per incrementare i singoli fondi parrocchiali, intervenendo, inoltre, per altre situazioni particolari. Il fondo diocesano sarà alimentato con risorse proprie della Diocesi e attraverso alleanze con enti, istituzioni e associazioni di categoria.

Il documento si chiude con la carità che si declina anche nelle dimensioni dell’annuncio, della liturgia, delle missionarietà, degli anziani, dei giovani e dei bambini: non ci sono ricette complete, ma piste iniziali di lavoro…

Siamo convinti che queste siano solo le prime righe. Molto maturerà, in maniera più bella e più piena, nelle parrocchie: saranno proprio le parrocchie, aiutate anche dallo Spirito del Risorto, a interpretare e sviluppare questi suggerimenti nei quali la carità contagia tutte le dimensioni ordinarie e quotidiane della vita in comunità. Non si tratta di fare cose in più, ma di riscoprire il dinamismo della gentilezza, della fiducia, della carità nascosta dentro il cuore di ogni uomo e autentico tesoro delle nostre parrocchie. Annunciamo umilmente il Vangelo della carità, consapevoli anche della carità del Vangelo: il Vangelo è vita buona e nello stesso tempo è annuncio d’amore che rende bella, significativa la nostra fragile vita.

Prossimo anno: protagonista è la parrocchia

È la parrocchia la protagonista di quello che potremmo chiamare l’“orizzonte” del prossimo anno pastorale. «È importante alla luce della Dottrina sociale della Chiesa e del principio di sussidiarietà, avviare il discernimento a partire dal “livello” di base, quello più vicino alle persone, rappresentato dalla parrocchia. La singola parrocchia, pertanto, opera il discernimento: comprende come porsi davanti a questo orizzonte pastorale e quali scelte attuare. In fase di discernimento vanno verificate anche le risorse e le capacità. Solo dopo attenta valutazione si chiederà collaborazione al “livello” superiore. Ogni parrocchia, chiaramente, può arricchire quanto suggerito».

Liturgia: spunti perché sia vissuta nello stile della carità

La carità nella liturgia, la carità della liturgia. «La Chiesa, nata dal Risorto, genera la sua missione evangelica, la sua carità a partire dal soffio gentile dello Spirito di Dio che agisce, in modo ineguagliabile e imprescindibile, nella liturgia» si legge nel documento La carità nel tempo della fragilità. Tra gli spunti, in primis, l’accoglienza dei fedeli alle porte della chiesa, imposta dalle normative dell’emergenza, può diventare un segno di accoglienza fraterna. Poi, il rito della pace, oggi “sospeso”, potrebbe recuperare in futuro alcune attenzione pratiche, evitandone l’uso eccessivo, riservandolo magari solo alla domenica, favorendo la sobrietà del gesto… Ultimo spunto la sottolineatura del valore dell’offerta, oggi all’uscita della Chiesa, evidenziando le necessità della parrocchia e l’aiuto verso chi si trova nel disagio.

L’annuncio letto alla luce della carità: indicazioni

La carità contagia anche la dimensione dell’annuncio. «Indubbiamente questo tempo – si legge nel documento – provoca a un annuncio essenziale, motivato e credibile e a una cura del nostro linguaggio, delle immagini e delle interpretazioni del Signore che si possono trasmettere». Tra gli spunti «un annuncio orientato a operare scelte personali e comunitarie evidentemente evangeliche, al creare relazioni e a mettere in circolo la fiducia tra le persone», ma anche un invito a «rinsaldare la connessione tra le dimensioni che fanno la Chiesa: Parola approfondita e pregata, eucaristia, carità fraterna». Si consiglia poi la valorizzazione degli, utilizzando il commento “Dare un volto alla Chiesa” di don Carlo Broccardo e di mantenere “l’angolo bello” per mantenere l’impronta domestica della fede.

Andrea Canton

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